Questo post è stato realizzato in collaborazione con Weber.
Si dice che dagli errori commessi sul campo si impari più che da qualsiasi manuale di teoria, più o meno completo. Anche per noi che (adesso) nelle occasioni di ritrovo familiare siamo additati da amici e parenti come “quelli bravi a grigliare” c’è stato un momento buio. Molto buio: il momento in cui abbiamo deciso che eravamo in grado di accendere il fuoco e grigliare da soli, senza l’aiuto di un qualche esperto nel settore; il momento in cui abbiamo deciso di sbagliare per imparare.
Già, ma allora non lo sapevamo che stavamo per sbagliare e siamo andati incontro al nostro destino ignari e baldanzosi come solo gli incoscienti possono essere.
Tu che sei alle prime armi e leggerai questo articolo, ti sentirai sollevato: anche i migliori, anche i più bravi all’inizio si sono ritrovati a commettere errori banali e stupidini, si sono sentiti degli incompetenti e hanno pensato: perché per tutti è così facile e io sono l’unico idiota?
Ho pensato quindi di fare una piccola raccolta semiseria degli errori più comuni che i griller alle prime armi hanno commesso, commettono e commetteranno, in modo da soccorrere, come in un gruppo di autoaiuto, tutti coloro che in questo momento si sentono scoraggiati: forza, vi assicuro che passerà presto.
Salve, mi chiamo Michela e non commetto più questi cinque errori da tre anni:
Scena tipica: sei lì che hai seguito perfettamente le istruzioni dell’ultimo libro acquistato, hai letto tutto il leggibile sui forum e sui gruppi Facebook, hai chiesto consigli, hai stalkerato l’amico esperto in chat. E chi t’ammazza? Sei pronto, sei caldo, sei sicuro di te, tutto sta andando per il verso giusto, la tua preparazione sta raggiungendo la temperatura al cuore desiderata, stappi le birre felice e ti ripeti “perché io valgo!”.
Finalmente senti il tanto atteso bip bip del termometro che ti annuncia che la temperatura al cuore è raggiunta e come Wile E. Coyote ti fiondi davanti al tuo dispositivo e sollevi il coperchio per togliere la tua preparazione dalla griglia. Solo che per farlo devi necessariamente togliere la sonda del termometro, che è conficcata dentro il pezzo di ciccia. Ed è qui, in questo preciso momento, in cui sei estasiato ed esaltato, incuriosito e affamato, che ti dimentichi di mettere i guanti e togli la sonda a mani nude, ovviamente prendendola nella parte incandescente, col risultato di ustionarti indice e pollice (ma i più precisini riescono a ustionarsi anche il medio). Alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, non si è trovato tatuata la sonda del termometro sui polpastrelli.
Questo errore si divide in due sottocategorie: può essere una diretta conseguenza di quello sopra descritto, oppure può avere vita a sé. È una diretta conseguenza del primo quando, ancora ustionato dalla sonda, continui ad ostinarti a non mettere i guanti (in realtà i professionisti dell’errore nemmeno li hanno comprati, i guanti!) e decidi di sollevare il cibo a mani nude, di nuovo, salvo poi accorgerti che “ma tanto ho da fare poca strada fino al tavolino” è un concetto del tutto relativo. Quella “poca strada” d’improvviso ti sembra infinita e tu diventi un novello Giucas Casella che corre sui fuochi ardenti urlando, mentre ti escono bestemmie che ti garantiscono posti in prima fila all’inferno (tanto sei già ustionato, quindi la cosa non ti spaventa).
È invece un errore a parte quando ti sei procurato i guanti, quindi sei perfettamente equipaggiato ma, col cibo in mano, ti volti e ti accorgi con orrore che il tavolino o il piano d’appoggio su cui dovresti depositare la tua adorata preparazione è disseminato di: bottiglie di salse, sale, barattoli di spezie, olio, burro, succo di mela, taglieri sporchi, tovaglioli di carta, rotoli di alluminio, siringhe per injecion, varie scodelle con rimasugli di brodaglie, coltelli e coltellini, cucchiai e cucchiaini, termometri, pinze, accendino, libri, tablet e cellulare. Nessun angolino libero. Nessuno.
A quel punto hai due soluzioni: o posi il cibo di nuovo sulla griglia e liberi il tavolo, oppure tenti di farti spazio col gomito. E, di solito, l’errorista livello pro sceglie sempre la seconda via.
Questo è un grande classico fra tutti gli errori: utilizzare chili e chili di bricchette per grigliare tre salsicce, due melanzane e cinque cosce di pollo. Quando sei agli inizi non sai dosare il carbone, non sai gestirti i tempi fra la preparazione dei cibi e l’accensione delle bricchette, per cui succede spesso che, quando le bricchette sono pronte, tu non sei pronto per andare in griglia con le pietanze ( e anche in questo caso c’è l’errorista livello pro: quello che, quando le bricchette sono accese, non ha ancora tolto la carne dal frigo) e viceversa.
Inoltre, quando sei alla prime armi, vieni colto da un’improvvisa ansia da prestazione: la paura di non avere abbastanza calore e abbastanza combustibile. Specie quando devi stabilizzare il dispositivo e non sai farlo, l’unica soluzione che ti viene in mente, quando vedi calare la temperatura, è accendere un’altra ciminiera di bricchette.
Il risultato è uno spreco impressionante, al punto che ogni volta che decidi di accendere il barbecue corri il rischio di vederti piombare in casa gli attivisti di Greenpeace.
“No cara, non ti preoccupare! Questi barbecue nuovi non fanno tanto fumo” e poi ti volti e vedi i tuoi familiari, seduti in attesa delle tue tanto famose salsicce, che sono diventati come lo spazzacamino di Mary Poppins, perché tu ha accesso in successione ciminiere e ciminiere per paura di rimanere senza combustibile pronto.
Il fatto è che tu sei lì che aspetti per quintordici ore il tuo sospirato pulled pork e, non si sa per quale strano meccanismo che scatta nelle tua testa, secondo te il dispositivo (facilmente un kettle, se sei alle prime armi) dovrebbe in qualche modo dare segni di cotanto sforzo culinario. Invece lo guardi e nulla. A parte un filo di fumo che esce a causa dell’affumicatura, il dispositivo sembra spento, morto.
Ti ritrovi a pensare che sarebbe così bello se avesse il coperchio trasparente, in modo da poter controllare il pezzo di ciccia là dentro. Dopodiché entri nelle tre fasi dell’ansia da cottura di pulled pork.
Prima fase: cerchi di guardare attraverso i fori delle vent out, per vedere se riesci a scorgere qualcosa del tuo bambino chiuso al caldo e al buio tutto solo.
Seconda fase: quando ti accorgi che non riesci a vedere nulla, tenti di resistere alla tentazione di aprire il coperchio ma cominciano a venirti i dubbi: verrà bene? E se poi fa schifo? E se poi mi accorgo troppo tardi che dovevo metterlo in un altro modo?
Terza fase: con una scusa qualsiasi che ti dai solo per giustificare l’apertura (devo aggiungere altro legno per affumicare, devo spennellare con olio, voglio vedere se si è formato bene il bark perché fra poco devo andare in foil, non sono sicuro di aver posizionato bene il pezzo di carne sulla griglia), apri il coperchio. E poi lo riapri dopo pochissimo, e poi ancora dopo un altro po’. E’ più forte di te, non ce la fai a resistere. Devi vedere.
Maledetti kettle senza coperchio traparente!
Specie le verdure, sottili e infami (ma conosco qualcuno che una decina di anni fa riusciva a far cadere gli hamburger-solette di scarpa della coop fra una griglia e l’altra, aneddoto che continua a suscitare una certa ilarità fra molti griller. Questo qualcuno adesso fa queste beef ribs, per cui state sereni, c’è speranza per tutti).
Sei lì che ti sei preparato le tue seimila fette di melanzane e zucchine, vestito con un vero griller professionista: guanti, pinze, grembiule. Poi di queste seimila fette, duemila ti cadono sui carboni mentre le giri. Specialmente gli zucchini, accidenti a loro, sono infami sul serio. Le prime cerchi di recuperarle. Dopo la cinquecentesima lasci perdere e pensi: tanto ho anche tutta la carne da mangiare, non vorrei che troppa verdura mi facesse male.
Ce ne sarebbero molti altri di errori da elencare, eccome. Ma mi piacerebbe che mi raccontaste i vostri. In ogni caso, come vi ho già detto, fatevi coreggio: tutto passerà alla svelta, specie se continuerete a esercitarvi; perché come diceva Leopardi, il fare è il miglior modo di imparare. Ricordatevi i guanti, però.
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