Barbecue e pizza: la cottura spiegata bene

La storia di un impasto cotto al barbecue: una cottura casalinga, un incontro che può sembrare strano e atipico, ma vi assicuro non impossibile.
Certo, si tratta di raggiungere un compromesso tra due mondi apparentemente disaccoppiati, tra preparazioni che richiedono cotture ben precise e un approccio alla cucina che consente di avvicinarsi al 90% del panorama gastronomico, pur trovando la giusta via.

Il nostro intento, quindi, è quello di recuperare le basi necessarie e di osservare da vicino l’attrezzatura, gli impasti e le tecniche utili a cuocere i panificati su un barbecue a carbone nella maniera migliore.

La temperatura

Che si tratti di pizza, focaccia o pane, il processo fisico che avviene quando un panificato viene infornato in un dispositivo a temperatura è identico.
Il calore colpisce il semilavorato in tre modi differenti:

  • Dal basso (platea) attraverso il contatto diretto con la teglia o la pietra refrattaria (conduzione); è la zona in cui la temperatura dev’essere più elevata per garantire una buona spinta sin dai primi minuti;
  • Dall’alto (cielo) attraverso le resistenze di un forno elettrico o ad una calotta refrattaria (irraggiamento); sebbene la temperatura sia più bassa, è una componente davvero importante per la cottura della parte superiore;
  • Attraverso i moti convettivi dell’aria calda presente all’interno del dispositivo, che scambia calore con il semilavorato (convezione). L’aria riscaldata si espande e diminuisce di densità e a causa della spinta di Archimede sale verso l’alto, dove raffredda e scende nuovamente. Tale fenomeno fisico è fondamentale nei processi di cottura in ambiente chiuso.

I tre tipi di trasmissione del calore in un forno: conduzione, convezione e irraggiamento.

L’attività dei lieviti presenti in un panificato viene profondamente influenzata dall’azione della temperatura: si inibisce fino a quasi fermarsi a circa 4°, ha il suo picco intorno ai 30 °C e decade a circa 60 °C, quando i lieviti muoiono e cessano la loro fermentazione.
Un ambiente caldo e umido costituisce un aiuto non indifferente durante questa fase; esistono in ambiente professionale vere e proprie celle di lievitazione adibite a tale scopo.

Temperatura e umidità si presentano quindi come le giuste leve per sfruttare al meglio i pochi minuti iniziali di cottura, durante i quali l’aria sviluppata dai microrganismi ancora presenti consente all’impasto di gonfiarsi ulteriormente, prima che la morte sopraggiunga.

Sono elementi replicabili al Barbecue?

Si e no.
Per quanto riguarda la Conduzione, basta dotarsi di una buona pietra refrattaria e riscaldarla in maniera efficace per un tempo abbastanza lungo (a seconda dello spessore), in modo che possa accumulare calore e rilasciarlo costantemente sulla base della pietanza.
Nessun problema anche per la Convezione in quanto, se ben utilizzato, un dispositivo con coperchio si trasforma in un vero e proprio forno a combustibile (carbone, legna o gas che sia), nel quale i benefici fisici dei moti convettivi sono in tutto e per tutto presenti.

Schema dell’effetto di conduzione e convezione in un Kettle con pietra refrattaria.

Discorso diverso per quanto riguarda l’Irraggiamento.
I materiali con i quali sono costruiti i barbecue comunemente in commercio (per lo più ceramica smaltata o acciaio INOX) non apportano infatti un significativo contributo dal cielo o comunque non in modo paragonabile ad una calotta refrattaria di un forno professionale, o anche solo alla resistenza accesa di un forno a incasso.

C’è chi sostiene che l’alternativa migliore sia quella di usare un Bullet Smoker, posizionando su una griglia la pietra refrattaria e su un secondo piano un’ulteriore pietra, un biscotto o dei mattoni del medesimo materiale, in modo da ottenere l’irraggiamento richiesto.
Si tratta di una soluzione, a mio parere, scomoda in quanto a configurazione e setup, oltre che dispendiosa e poco pratica, considerando il tempo necessario a far accumulare calore a tutta la struttura.

La verità è che non esiste al momento un’alternativa valida che possa sostituire efficacemente l’irraggiamento professionale: le pizze prodotte da un Barbecue avranno sempre una cottura meno efficiente sulla parte superiore.
Ciò non vuol dire che i prodotti dovranno risultare bianchi cadaverici, come molto (troppo) spesso si vede; è un compromesso da accettare e da tenere a mente, ma è comunque possibile raggiungere un ottimo risultato ottimizzando la Convezione: saturare la camera di cottura e stabilizzare l’ambiente è il modo in assoluto migliore per uniformare il panificato, ottenendo una pizza con un bel cornicione o un pane con una crosta croccante.

Disposizione ottimale per la cottura indiretta in un Kettle.

Non è tutto: qui più che mai è necessario giocare con gli impasti, per farsi aiutare durante la prima fase di espansione della maglia glutinica in quanto il calore di un Kettle potrebbe non essere sufficiente allo scopo.
A parer mio, l’impasto migliore è un’indiretto con una buona percentuale di innesto, che possa dare una valida spinta e lavorare sugli zuccheri.

Nel concreto, ottimo è l’utilizzo della cosiddetta Biga, un pre-impasto solido e impastato in maniera grezza, costituito da Farina di forza (almeno 300 W), il 44% di acqua e l’1% di lievito di birra fresco sul peso della farina. La percentuale di innesto che consiglio è del 50% (calcolata in base alla farina della biga in rapporto a quella totale dell’impasto), che permette di avere un buon ausilio e mantenere una parte di nutrimento attiva per la fermentazione finale.
La biga dovrà fermentare in condizioni di temperatura stabile (19-20 °C) per un minimo di 16 ore (Biga corta); l’alternativa è un periodo in frigorifero a 4 °C di circa 24 ore, per poi passare alla temperatura precedentemente indicata per ulteriori 24 ore (Biga lunga): una tecnica decisamente più complessa per la stabilità richiesta ma che consente di ottenere una componente aromatica più marcata e una fermentazione completa dell’innesto.

Il reimpasto avverrà poi con un ulteriore 50% di farina (W tra i 280 e 330), l’acqua rimanente fino al raggiungimento dell’idratazione desiderata (che consiglio, con questa forza e condizioni, intorno al 70-75%), il 2.5% di sale integrale sul peso della farina totale, lo 0.5% di malto diastatico (un’efficace ricarica degli zuccheri, esasperati dalla fermentazione della biga) e lo 0.1% di lievito di birra fresco, sempre sul peso della farina totale, utilizzato come starter per la seconda fase.

I preimpasti sono, di fatto, una pratica via di mezzo tra la fermentazione alcolica avviata dall’usuale lievito di birra e la fermentazione acido-lattica di una lievitazione con pasta madre. Adiuvati da un piccolo starter, i microrganismi naturalmente presenti nel composto fermentano, sintetizzando le molecole proteiche complesse in strutture più semplici, e di fatto digeriscono l’impasto tramite il processo di maturazione.
I vantaggi si sprecano: oltre ad ottenere un semilavorato con maggior fragranza, croccantezza, digeribilità e minor utilizzo di lievito compresso, si riducono i tempi di lavorazione e le temperature del dispositivo (grazie ad una miglior gestione dell’umidità). Inoltre il contributo allo sviluppo del panificato in fase di cottura è enorme, grazie all’elevata percentuale di innesto di una componente pre-fermentata dell’impasto, che di fatto costituisce il vero e proprio agente lievitante della miscela.

L’umidità

Nel caso del pane o della pizza tonda (tipo) napoletana, usuale è l’utilizzo del vapore come ulteriore elemento di ausilio.
Nel pane ritarda la formazione della crosta, consentendo uno sviluppo della mollica senza intoppi; ovviamente è consigliabile dividere la cottura in due fasi di cui l’ultima in fessura (con una valvola leggermente aperta) in modo da consentire al pane di asciugare, ottenendo una crosta croccante e un interno morbido ma consistente.
Discorso diverso per la tonda o preparazioni come gli Hamburger Buns, dove la Reazione di Maillard viene evitata di proposito per mantenere la superficie esterna morbida al punto giusto.

Gli accessori

Diverso è il discorso per quanto riguarda gli accessori, in quanto stiamo parlando di un dispositivo del tutto differente e modulabile grazie alla grandissima gamma di prodotti messi in commercio dalle principali aziende del settore.

Negli ultimi anni le diverse concorrenti hanno cominciato a realizzare verie e proprie add-on allo scopo di trasformare il Kettle in un dispositivo per la cottura dei panificati, con caratteristiche tutto sommato simili. L’alternativa che abbiamo constatato essere la migliore, tuttavia, è il cosiddetto Ring: costituito solitamente da una lamiera in acciaio INOX con la parte anteriore leggermente più alta della superiore, ha lo scopo di evitare il sollevamento continuo del coperchio che causa un inevitabile abbassamento della temperatura e la perdita del poco irraggiamento ottenuto, compromettendo il risultato finale. Per questo motivo, se dotati di uno sportello anteriore, risultano parecchio performanti, a patto che il loro utilizzo sia sufficientemente ponderato.

I modelli migliori hanno un termometro sul fianco della lamiera e vengono venduti con un deflettore metallico che divide l’area di cottura da quella di combustione, in modo che le fiamme non raggiungano in alcun modo la pietanza.

Pizza Ring montato su un Weber Mastertouch 57.

Qualsiasi sia l’accessorio utilizzato, la cosa importante è avere ben chiare sia le basi della cottura casalinga, sia il compromesso dovuto all’assenza di un irraggiamento utile.

Ottimizzare la cottura al barbecue è fondamentale, ragion per cui si rendono necessari altri accessori:

  • Pietra refrattaria: qui, più che in un forno, è un aiuto non indifferente per l’accumulo di calore in un ambiente che deve essere mantenuto il più stabile possibile. Può essere fatta di lastra di argilla o terracotta e a seconda degli utilizzi previsti può essere più o meno spessa. La particolarità di questo materiale è quello di accumulare calore e rilasciarlo in maniera costante per conduzione, oltre a permettere l’irraggiamento se usato come calotta. Ovviamente quanto maggiore sarà lo spessore, tanto maggiore sarà il tempo necessario per raggiungere il risultato desiderato (in genere va dai 40 ai 90 minuti); utile in questo caso dotarsi di un termometro laser per accertarsi che la temperatura raggiunta sia corretta.
    Più spessa è ottima per la cottura di grandi forme di pane, più sottile è ideale per la pizza, sia tonda che alla pala.
    Le controindicazioni risiedono, ovviamente, nei lunghi intervalli di tempo necessari a riscaldarla a dovere, che causano irrimediabilmente grossi consumi di energia o combustibile per mantenerla in certi standard. Se il vostro forno ci mette ere zoologiche per arrivare a temperatura, e per giunta disperde gran parte del calore ogni volta che viene aperto, dimenticatevi la pietra, non ne vale davvero la pena.
    Un’alternativa valida, seppur non agli stessi livelli, è quella di utilizzare una teglia classica rovesciata; si scalda molto più rapidamente ma senza accumulare calore o cederlo in maniera costante.
    In ogni caso, ovviamente, si presuppone abbiate una pala per infornare, dato che usare le mani è altamente sconsigliato.

    Il biscotto refrattario Saputo, una delle migliori garanzie per quanto riguarda l’acquisto di questo accessorio.

  • Teglie da forno: il supporto più classico e diffuso per la cottura in forno. Spesso tuttavia vengono acquistate senza far caso a come vengono costruite, dimenticandosi che ogni materiale reagisce al calore in maniera completamente differente. Sia chiaro, non esistono teglie sbagliate e teglie giuste, semplicemente alcune sono più adatte di altre per i panificati.
    Le teglie in alluminio si scaldano molto lentamente, distribuiscono il calore su tutta la superficie ma gradualmente; i prodotti risultano avere quindi una base molto morbida e poco imbrunita, caratteristica che rende il materiale particolarmente adatto alle focacce o agli hamburger buns.
    Le teglie in ferro blu sono le migliori in assoluto per quanto riguarda la cottura della pizza in teglia romana o al trancio. Si scaldano rapidamente, garantendo un ottimo sviluppo e una base croccante al punto giusto. La controindicazione principale è la manutenzione: non possono essere lavate, devono essere periodicamente condizionate per mantenerle antiaderenti ed è consigliabile, dopo il loro utilizzo, coprirle con un velo d’olio prima di metterle via.
    Le teglie antiaderenti sono una via di mezzo. C’è chi le demonizza e chi le trova un’alternativa economica per la produzione casalinga; come sempre la verità sta nel mezzo: dipende molto da quale acquistate considerando l’enorme diffusione e reperibilità. Il mio consiglio è di cercarle non rivestite, sottili ma robuste, in modo da raggiungere la temperatura rapidamente senza però rischiare di curvarle dopo pochi utilizzi.

    La teglia in ferro blu, ideale per la cottura della pizza in teglia, anche in ambito professionale.

  • Termometro a sonda: se istantaneo è di una disarmante comodità per misurare rapidamente la temperatura interna del pane e verificarne la cottura.
    Inoltre, un termometro a sonda per la misurazione della temperatura interna sopperisce all’eventuale mancanza dello stesso sulla lamiera di un Ring, su un Firebox o su un qualsiasi Modulo.
  • Termometro laser: qui non transigo, è un accessorio che non può mancare per una corretta cottura al Barbecue, specialmente per quanto riguarda la pietra refrattaria. Di nuovo, parliamo di un ambiente da mantenere il più stabile possibile, di condizioni ottimali e dello sfruttamento degli accessori il più possibile consono al risultato finale.
    Bastano pochi euro ed è ormai diffuso in ogni dove, perciò fatevi un favore: non privatevene e certificate la temperatura della pietra prima di infornare.

    Un tipico termometro laser per la misurazione della temperatura di una superficie.

  • Griglia rialzata: non per la cottura ma per il raffreddamento. Una volta sfornati, pane e focaccia devono necessariamente riposare su di una griglia in sospensione, in modo da evitare la formazione di condensa che possa rovinare la parte esterna, rendendoli stopposi.

    Una semplice griglia tonda rialzata, utile al raffreddamento post-cottura del panificato.

  • Legna: più che un accessorio sarà il vostro inseparabile combustibile. Dimenticatevi i bricchetti o il carbone grezzo: non generano abbastanza calore per poter raggiungere l’efficienza completa.
    Procuratevi invece dei tronchetti di legna di faggio (o in alternativa di quercia), che hanno una resa maggiore. Vengono spesso venduti compressi e  resi di egual misura. Il prezzo è sicuramente non proprio economico, al fronte del quale bisogna tenere conto che, se ben incamerato, un tronchetto di Faggio può mantenere per diverse ore una temperatura stabile di anche 350 °C.N.B. I moderni Kettle (tra cui il diffusissimo Weber Master-Touch GBS 57, usato per le nostre prove) sono strumenti testati per rispondere fino a 800 °C.  La legna ardente dura (come faggio e quercia) raggiunge nel punto di combustione (quello più vicino alla vernice del braciere) una temperatura compresa tra i 700 e i 1000 °C, valori quindi fuori scala e non coperti da garanzia; sotto tali condizioni le zone limitrofe alla fonte di calore iniziano a sviluppare piccole bolle sulla vernice, un fattore che a lungo andare può portare alla formazione di ruggine o a deformazioni della vasca, delle alette e di altre parti. Temperature come quelle da noi indicate tuttavia (350-400 °C) sono evidentemente più basse rispetto ai valori limite, e non apportano in alcun caso problematiche di questo tipo.
    In sintesi, potete magnarvi la vostra pizza in assoluta e totale tranquillità.

Tronchetti di Faggio compressi.

Ottimizzare la cottura al Barbecue

Una sperimentazione, una sfida, una gratificazione immensa se il prodotto finito rispecchia le proprie aspettative.
Il mondo del Barbecue è fatto di gioie e di dolori, di impegno, di ricerca e perseveranza: un ambiente aperto e condiviso, in cui gli appassionati si scambiano costantemente pareri, risultati, conquiste e accomunano le esperienze.

L’incontro tra panificazione e Barbecue è ancora agli albori, e in questa sede nient’altro è che il frutto della mia passione per entrambi i mondi, degli studi, della sperimentazione con altre persone e del confronto con chi si sta dando da fare.
Per questo motivo, tengo a precisarvi di nuovo che quanto leggerete è frutto di compromessi, risultati e riscontri positivi del tutto personali.

E’ uno dei miei obiettivi, un percorso, non certo concluso.

Ma bando alle ciance, cominciamo con la carrellata di indicazioni per realizzare prodotti di tutto rispetto nel vostro Kettle addobbato, accarezzato e pronto per sfornare ogni ben di Dio.

  • Pizza in teglia romana: 250-330 °C. E’ la preparazione che più si presta alla realizzazione casalinga; ovviamente più è alta la temperatura, maggiore sarà la spinta conferita ai lieviti e lo sviluppo dell’alveolatura interna. In ambiente professionale si suddividono platea e cielo con temperature rispettivamente di 320 e 280 °C. L’umidità non è presente proprio per permettere la formazione di un esterno croccante che si affianca ad un interno leggero e scioglievole; importante, per qualsiasi tipo di pizza, è un ambiente saturo di calore. Per questo motivo il mio primo consiglio è quello di preparare una base di bricchetti o carbone acceso dal lato opposto rispetto a dove intendete posizionare la teglia; appoggiate quindi il tronchetto di faggio, aprite completamente le ventole del braciere (per facilitare la combustione rapida) e quelle del coperchio (per far uscire il fumo generato).
    Tenete monitorato il termometro in dotazione del vostro accessorio scelto, o in alternativa usate una sonda per griglia; raggiunti i 300-320 °C infornate la teglia, girandola a circa metà cottura. Non date peso al tempo, tenete invece d’occhio la base e la superficie, preferibilmente sfornandola per il controllo anziché tenere aperto il coperchio o lo sportello.
    Attendete i minuti finali per farcire con mozzarella, formaggi o ingredienti che hanno nella freschezza il loro punto di forza, per non alterarne le caratteristiche.

    Pizza in teglia romana con impasto indiretto 50% biga e 80% di idratazione, farcita con pomodorino giallo Lucariello, filetti di pomodoro ‘E Pachetelle, Caciocavallo Silano DOP, scaglie di ricotta salata, olio EVO del Garda DOP e basilico fresco.

  • Focaccia: 200-300 °C. Intendendola come una preparazione generica, è replicabile in casa senza particolari problemi. L’umidità è qui preferibile nella prima fase per garantire un buon sviluppo dell’impasto; in alcuni casi inoltre (ad esempio per la focaccia genovese) la superficie superiore viene bagnata con della salamoia per mantenerla soffice e burrosa. La configurazione è identica alla precedente, a parte per la quantità di legna da utilizzare, che risulta inferiore in accordo alla minor temperatura richiesta per la cottura (220-250 °C). Per saturare poi l’ambiente di umidità potete sfruttare il Water Pan (o dei pirottini in alluminio nel caso non ci sia spazio).
    Posizionatelo nella camera di cottura colmo per metà, per poi versare altra acqua appena prima di infornare: il calore genererà immediatamente vapore permettendo di ottenere una struttura soffice e vaporosa.

    Focaccia con lievito madre, impasto alle patate, farina di tipo 1 (320 W), macinato intero di segale e olive taggiasche.

  • Pane: in caduta, da 300 a 160 °C. Parliamo del pane di grosso formato, con una bella crosta croccante e che vi accompagna per tutta la giornata. In assoluto il mio preferito, questo tipo di pane lascia spazio ad una sperimentazione enorme (e gratificante, ve lo posso assicurare) in ambiente casalingo. La cottura in caduta è, a mio parere, la più efficace nel contesto quotidiano (Bonci docet), e prevede l’ingresso in una camera al massimo della temperatura consentita, per poi passare immediatamente a 160 °C; grazie a tale procedura si ottimizzano sia lo sviluppo iniziale che l’asciugatura e formazione della crosta finale. Importantissimo qui è l’utilizzo dell’umidità nella prima fase, per poi passare in fessura una volta esaurita l’azione dei lieviti. Realizzare al Barbecue una bella forma di pane con una crosta canterina non è per niente facile. La soluzione migliore è quella utilizzare una buona pietra refrattaria (scaldata per almeno 60-90 minuti a circa 250 °C) e di raggiungere una temperatura nella camera di 250 °C; una volta infornato il pane è necessario abbassarla con l’aiuto delle ventole a 160-180 °C per permettere alla forma di asciugarsi.
    Fondamentale è la presenza di vapore nella prima fase per favorire lo sviluppo; a metà cottura circa togliete il Water Pan e tenete lo sportello (se presente) leggermente aperto per cuocere in fessura.
    Come già affermato, il pane è pronto quando la temperatura interna è di 90 °C, infilando uno stuzzicadenti risulta asciutto e la crosta è imbrunita (ma non bruciata) in tutta la sua superficie.

    Pane con lievito madre e farina di Tritordeum al 75% di idratazione.

  • Hamburger Buns: esiste forse un elemento più rappresentativo dell’incontro tra Barbecue e panificazione di un soffice panino per hamburger cotto in un Kettle, magari lo stesso che poi verrà usato per arroventare le gustose polpette?
    La realizzazione è davvero gratificante, pur presupponendo una buona base solida per quanto riguarda l’impasto.
    Stabilizzato il dispositivo a circa 200 °C, utilizzate il Water Pan per saturare l’ambiente di vapore, e non pensate nemmeno per un momento di toglierlo da qui a fine cottura.
    E’ consigliabile effettuare l’ultima fase di lievitazione dei Buns direttamente in una teglia sufficientemente unta, aiutandosi se possibile con gli appositi anelli per contenerne l’espansione. Una spennellata di rosso d’uovo allungato con acqua o latte, qualche seme di sesamo e papavero e siete pronti per andare in cottura fino al raggiungimento dei 90 °C interni.
    Ora voi ditemi, avete mai visto tanta morbidezza in un sol pane?

    Hamburger Buns con lievito madre e farine di Farro Integrale, tipo 1 di Grano Tenero e Grano Saraceno.

  • Schiacciata: tipica della Toscana, è uno dei miei prodotti da forno preferiti. Poiché prevede una lievitazione in teglia; è in tutto e per tutto una focaccia, con la differenza che la parte esterna è croccante e meno unta della tipologia genovese.
    Per questi motivi, amo considerarla un ibrido tra focaccia e pane, preparata come la prima (a eccezione della salamoia) e cotta come il secondo.
    Ora provate a immaginare ai benefici di una cottura a legna ben eseguita.
    Ecco, correte a farla che è meglio.

    Schiacciata toscana con impasto indiretto 80% biga, farina 00 (330 W), farcita con crema al Formaggio di Fossa di Sogliano DOP, Crudo di Parma DOP, Songino fresco e olio EVO del Garda DOP.

  • Pizza tonda: nota dolente: il web è strapieno di pizze bianche, flaccide e mal-cotte, realizzate senza comprendere a pieno come una buona cottura al Barbecue debba essere condotta. In realtà bastano pochi accorgimenti (del tutto simili a quelli previsti per la pizza in teglia) e un impasto che faccia della Biga il suo punto di forza per sfruttare l’espansione e gonfiare il cornicione.
    Predisponete quindi il dispositivo al raggiungimento dei 350 °C (o più, se riuscite), scaldando insieme la pietra refrattaria che dovrà arrivare ad almeno (ma non oltre, rischio gremo) 320-330 °C.
    Fondamentale, dopo ogni infornata, è monitorare il calore sia della camera che della pietra per mantenere fisse le prestazioni, oltre a tenere pulita la base dalla farina rimasta attaccata per evitare di carbonizzare il fondo delle successive pizze.
    Tenete lo sportello chiuso e abbiate cura di girarla a metà cottura; con configurazioni ben eseguite avrete un risultato eccezionale in circa 90 secondi, che vi permetterà inoltre di condire con mozzarella e basilico anche prima di infornare.
    Umidità sì o umidità no? Dipende dal vostro gusto e dal fatto che vogliate ottenere un cornicione croccante o morbido ispirati dalla tonda romana o, all’occorrenza, da quella napoletana.

    Pizza con pomodoro San Marzano DOP dell’Agro Sarnese-Nocerino, fiordilatte di Agerola, gorgonzola dolce, salsiccia, olio EVO del Garda DOP e basilico fresco.

E allora che dite, ce la facciamo una pizza? Accendete il barbecue!

La Regina Margherita cotta al BBQ, con pomodoro San Marzano DOP dell’Agro Sarnese-Nocerino , fiordilatte di Agerola, Parmigiano Reggiano DOP 30 mesi, olio EVO del Garda DOP e basilico fresco.

[ Crediti: The Barktenders BBQ Team, weberstephen.it, Italian Style BBQ Team, scattidigusto.it, Christian Zaghini | Immagini: The Barktenders BBQ Team, Italian Style BBQ Team ]

Gianfranco Lo Cascio

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  • Ciao Alessandro, ho letto con molta attenzione il tuo articolo e vorrei mettere questi principi in pratica. Mi chiedevo solo se nell'acquisto di un'estensione per la pizza è meglio un ring oppure l'accessorio della weber che sostituisce il coperchio (il 6520)... puoi darmi un consiglio?
    Grazie mille!

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