C’è una catena di ristorazione tutta italiana, l’Old Wild West, che sta investendo molti soldi in pubblicità: testimonial giovani, spot ammiccanti, locali cool, menù per tutti i gusti.
Se un brand così importante fa questo tipo di sforzi per vendere carne alla brace, allora va sicuramente recensita, così come è avvenuto per Roadhouse nel nostro articolo di qualche giorno fa.
Vi rovino la sorpresa citando un classico del cinema italiano:
L’Old Wild West della mia città si presenta, o vorrebbe presentarsi, come un tipico saloon del West. Certo, se in un saloon del vecchio West avessero gradito totem di nativi americani e ritratti di capi indiani. Si fa un po’ di confusione e viene subito da pensare a quei film statunitensi dove il protagonista fa un viaggio in Italia e la location è un mischione di paesaggi della Toscana, dove però ci sono il Colosseo e la laguna di Venezia, e alla fine tutti alla trattoria ordinano un bel piatto di spaghetti bolonneise al cameriere che parla napoletano.
Entro, bisogna attendere un cameriere per farsi accompagnare. D’accordo, il motivo? Eccesso di premura, praticità?
Il personale è gentile e il menù si lascia leggere con facilità: ci sono pietanze anche per vegetariani (un parente o amico difficile capita a tutti), quelle semplici semplici per bambini e quelle più strutturate e complesse.
Quale migliore occasione per valutare le potenzialità in griglia di questo locale? Lascio subito perdere i vari burger e gli antipasti (invitanti) e scelgo i due piatti appena menzionati, scartando le tagliate di manzo e le bistecche che non sembrano appetitose nemmeno in foto. Non si può pretendere una bistecca con tutti i crismi da un menù economico (e forse nemmeno così economico, se vogliamo dirla tutta)
Una “baffa” 16,50€, non è esattamente regalata: ne prendo metà. Viene servita con una spruzzatina di salsa barbecue, delle patatine fritte e un vasetto con ulteriore salsa.
L’aspetto non è dei più incoraggianti: 70 millimetri di larghezza, 7-8 coste, di un grigiume malinconico. Il bark, la crosticina di spezie gustosa e aromatica tipica delle ribs al barbecue, non c’è.
Non si parla di poco bark: non se ne trova.
Il grigio non è mai un colore entusiasmante in abbinamento alla cottura della carne, ma la cosa sensorialmente più potente è l’odore. Se sperate di avvertire un aroma di griglia, un sentore di fumo, un odorino invitante, siete completamente fuori strada.
Nessun sentore di fumo, né di spezie: forse, impegnandosi, si percepisce l’odore del metallo del forno.
Le ribs servite su letto di patatine fritte, poi, non sono comodissime da tagliare: non c’è “spazio di manovra” e si finisce per tenere tutta la “mezza baffa” in mano.
Anche qui niente di affumicato e niente di particolarmente saporito. Sottotono anche per una salsina commerciale. Non si avverte sapore di spezie, la consistenza è troppo liquida, impercettibile la componente dolce, c’è a malapena quella aspra.
Le patatine si fanno tranquillamente mangiare, ma non sono né più né meno di quello che ci si può aspettare da un prodotto industriale congelato e pre-fritto. Quasi meglio non intingerle nella salsa. Meglio toglierla proprio, la salsa, per non sbagliarsi.
Dieci euro e cinquanta, mezza porzione. Sedici e cinquanta la porzione intera. Difficilmente si vede un rapporto costo/godimento così alto. Qualche morsetto di carne dall’aspetto stantìo, e ti ritrovi con dieci euro in meno e le mani appiccicose. Una persona a digiuno di american barbecue non mangerebbe mai più ribs, “perché costano un sacco e sono cattivelle”: in questa maniera allontaniamo le persone dal vero bbq e abbassiamo le aspettative.
Sbrigata la faccenda ribs, rimpiangendo la scelta di qualche più innocuo panino sul menù, arriva il chili.
Il piatto è così presentato: terrina con chili, salsa acida e guacamole, poco poco cheddar, quattro triangolini di tortilla di grano (sul menù hanno l’asterisco, il marchio infamante degli ingredienti congelati), un tortino di riso basmati che sembra più che altro il frutto di una pressofusione, salsa taco al pomodoro.
L’unico pensiero in questi momenti è sperare nell’improvvisa comparsa di un wormhole, che riporti al momento della scelta sul menù: “Mi dia un cheeseburger!” e buonanotte.
Invece abbiamo fatto il tentativo, per voi: per farvi capire.
Sfortunatamente per la catena Old Wild West, chi recensisce ha mangiato dell’ottimo chili (ricetta e foto presto su questo steso sito) e la pietra di paragone è molto pesante.
Pare un po’ lo scopo del locale, servirti qualcosa di non cattivo, di non particolarmente carico di sapore o di carattere, che possa piacere pochino, ma che possa risultare gradevole a tutti. Non puoi davvero dire che questo chili non ti piaccia, così come non puoi davvero dire che la paella in busta sia davvero scadente (oppure sì?).
Questo piatto non si prende rischi, non raggiunge meriti: si fa mangiare e toglie la fame. Ha un bel sapore di carne e di fagioli? No. E’ piccante? Quasi per niente. Ricorda un po’ il chili, specie se non hai mai mangiato il chili, o se lo hai sempre mangiato in un locale Old Wild West.
E per questo piatto l’esborso è di nove virgola venti euretti. Non lascia un buon ricordo, non lascia un pesante rimpianto come le sfortunatissime ribs. Ma costa quanto un piatto molto saporito.
A questo punto l’esigenza di qualcosa di dolce si fa pesante, e il menù dei dessert è veramente invitante (nell’ottica di una catena molto grande e scevra di velleità gourmet): il cameriere mi porta una Coppa Alaska, descritta come “gelato al fiordilatte con Nutella®, panna montata, topping al cioccolato e granella di nocciole”.
Peccato però che non ci sia panna montata, ma una di quelle schiumette spray dal vago sapore lattiginoso. Così impegnativo dotare il personale di una vasca di panna montata, eh?
Ribs inqualificabili, un chili con carne pensato per non fare proprio tanto schifo, e l’arrivo di una spruzzata di panna finta su un cucchiaio di Nutella è sembrata un sollievo. Fate un po’ voi.
Reduce dalla cassa noto che questo pranzo solitario (non ho ordinato alcolici), è costato 29 euro e 50. Sono trenta euro, per sette ossetti semi-lessi da una strana cottura in forno, e una terrina di un chili che ha paura di essere chili e cerca di non avere il gusto del chili.
Gusto sensazionale non pervenuto; basso costo direi di no, proprio per niente; atmosfera finto western, quella sì, ma finta come Parigi ricreata a Las Vegas. Non ho individuato neppure alcun tipo di attrattiva per i bambini, cosa su cui altre catene puntano molto.
Eppure alle 13.15 il locale era abbastanza pieno.
Sarà la mancanza di spirito critico, il fascino dell’ambientazione finto western, o forse la sala è semplicemente gremita di persone che ci vanno una volta sola e poi mai più? Ditecelo voi nei commenti.
A noi è piaciuto solo il dessert, perché faceva dimenticare le ribs.
[Crediti | Link: Old Wild West, BBQ4All | Immagini: Emiliano Nencioni, Old Wild West]
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Onestamente trovo pretenzioso sperare di trovare delle buone ribs in locali come Roadhouse o Old Wild West, sono posti di massa che devono servire cibo velocemente e "velocemente" non è compatibile con lo spirito del bbq in cui le ribs si cuociono in minimo 3 ore. Ci sono piatti che al massimo "non sono male", ma non saranno mai come quello che prepariamo noi a casa sulla nostra griglia.
Ti do ragione, ma anche se non ho provato le ribs del roadhouse, sinceramente tra i "fast food" roadhouse è quello che secondo me tratta la carne in maniera migliore. Ovviamente sempre nella consapevolezza di mangiare in un fast food, ignorando steakhouse con le palle o la cucina di casa propria.
È tutto riassumibile nella frase "la gente mangia merda e dice pure che è buona!"
E te lo dice un calabrese che, appena può, si sposta e si mangia il mondo.
Poi torna a casa e piange per la miseria del luogo, si compra una macchinetta sous vide così almeno mangia carne fatta decentemente in un appartamento.
a me i paninazzi piacciono.. sopratutto il dakota.