Il fumo di legna, la magica brezza che rende unica la nostra passione. Dalle serate intorno al falò , al camino domestico, dai kettle agli smoker.
La sua origine risale all’estate del 88.000 a.c. quando fu percepito il fuoco come strumento di conservazione oltre che di difesa, poiché le carni lasciate esposte miglioravano consistenza e aroma. Una scoperta memorabile che ha migliorato per sempre la vita dell’uomo.
Andiamo, senza sofismi, a vedere di cosa si tratta.
La combustione di legna crea almeno 10.000 prodotti chimici. Già questo ci può aiutare a capire quanto sia riduttivo semplificare ai 2-3 maggiori protagonisti . Questi prodotti sono specifici per ogni legno ed ogni temperatura di combustione. Dai fantastici 10.000, al momento, ne abbiamo identificati meno di un migliaio, che risultano alla fine identificabili solo in un centinaio nei nostri alimenti.
Quindi conosciamo solo un composto su 100 di quelli che si sprigionano nei nostri smoker: questa variabilità rende il nostro hobby una scienza “imperfetta” e due ricette eseguite da persone diverse con legno diversi daranno inesorabilmente risultati differenti, anche in base alle stagioni o all umidità ambientale.
10.000 —> 1.000 —> 100
La ricchezza biochimica di questa cottura ci riporta ad una reminiscenza atavica che abbiamo inciso a pietra nel DNA, per questo si impazzisce per il bbq. Per evitare ogni potenziale rischio per la salute sono proibiti legna e vegetali impregnati, colorati, incollati, dipinti o trattati in modo analogo. Quindi niente mobili o legna di ignota origine, sono pericolosi.
Dal fuoco all’acqua
L’umidità in ragione del 70-80% è l’ideale per ottimizzare il processo.
Il vapore ( water pan dice nulla?) contribuisce , come tutti sappiamo , a far fissare e penetrare il fumo sull’alimento e ad abbassarne la temperatura ma anche, attenzione, a purificare il fumo dai materiali incombusti, una sorta di lavaggio del fumo.
L’umidità ci aiuta a chelare (legarsi chimicamente e quindi espellerlo con il vapore) il pulviscolo e i residui di combustione che a lungo andare potrebbero compromettere il risultato finale. Industrialmente, per conoscenza, viene spesso fatto gorgogliare in acqua per purificarlo.
È sempre consigliabile tenere le ventole di uscita aperte a sufficienza per far uscire l’umidità e il fumo. L’adeguata circolazione del fumo evita il ristagno e la produzione di sostanze secondarie amare e tossiche. Uno dei maggiori vantaggi degli smoker è proprio garantire circolazione al fumo e non il ristagno che, a mio avviso, rimane un limite delle smoke gun che affumicano sotto una campana di vetro a freddo. Ciò che limita la formazione di composti dannosi in quel caso è il basso tempo di permanenza a contatto con gli alimenti.
Tornando alla nostra umidità sappiamo che parte dei composti tuttavia sono liposolubili e quindi vengono assorbiti dai grassi dell’alimento. Il mix perfetto di umidità, proteine e grassi crea un’affumicatura a regola d’arte .
Attenzione però al lato sicurezza
L’azione batteriostatica è data principalmente dalla temperatura poiché nonostante una certa azione conservativa di alcuni composti (efficaci contro gli enterobatteri) non si ha alcuna efficacia su lieviti e muffe.
In tal senso l’affumicatura a freddo è da intendersi solo come un coadiuvante della conservazione e non il protagonista principale avendo perso gran parte della temperatura ( il range del l’affumicatura a freddo è nei dintorni dei 20 gradi). Quello che il fumo crea sulla superficie dell’alimento è una sorta di localizzata disidratazione battericida che va ad evitare che gli strati sottostante irrancidiscano ( grassi ) e vadano in putrefazione (proteine).
Questa disidratazione è incentivata dalla temperatura per cui nelle affumicature a freddo questo risultato si ottiene con marinature molto concentrate o altri processi (salatura, marinatura con alcolici e zuccheri, un mix di composti altamente igroscopici come miele) che tuttavia vanno gestiti con attenzione per evitare di buttare via tempo e soldi in alimenti guasti.
In concomitanza del bark, quindi, il nostro smoke ring ( vedi articolo specifico su smoke ring) va a creare una vera e propria barriera alla degradazione che prolunga di molto la durata degli alimenti. Se pensiamo ad un classico brisket, dopo alcuni giorni in frigo assomiglia molto più ad un salume che ad una grossa bistecca!
In conclusione, quando sarete di fronte ad vostro prossimo bbq potete dire ai vostri compagni di brace che state eseguendo una ricetta con più di 10.000 ingredienti in perfetto equilibrio.
Un piccolo trucco per i più estrosi
I classici legno da smoking sono ben noti, tuttavia piccole percentuali di corbezzolo, erica, ginepro, lentisco, maggiorana, origano, ginepro, salvia, timo, rosmarino possono sprigionare ulteriori note aromatiche estremamente liposolubili, che diventeranno il vostro tocco personale unico.
Piuttosto che la carbonizzazione di queste piante aromatiche, per farne sprigionare il massimo potenziale chimico, sarebbe interessante mantenerle a contatto con l’umidità dell’alimento durante l’affumicatura, come la tradizione ci insegna con il classico rosmarino e salvia negli arrosti. In questo caso la presenza di umidità e fumo agevolerebbe ulteriormente la carica aromatica di queste piante regalandoci interessanti sfumature.
Piccola nota a margine: gli additivi come il fumo liquido sono al momento al vaglio per una potenziale tossicità di alcune componenti ( efsa, autorità europea per la sicurezza alimentare) mentre , buon per noi, c’è la conferma che l’affumicatura naturale sia sicura.
Riccardo Tecchio
Microbiologo e tecnologo alimentare
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