Il piacere è un apostrofo rosso tra gli ideogrammi “wa” (和 Giappone) e “gyu” (牛 bovino). L’abbiamo capito dopo il seminario di ieri, 25 Settembre, quello tenuto al Palace Hotel di Roma dal Comitato giapponese per l’esportazione di prodotti d’allevamento.
La carne di Wagyu giapponese non assomiglia a niente a cui siete abituati. Come un fulmine tra la lingua e il palato, per superare il trauma ci vorrebbe una seduta dall’analista. C’è il grasso, il sapido, il dolce e pure l’umami, prima si mugola e poi ci si chiede: ma chimminchia ho mangiato fino ad ora?
Al primo banco come gli studenti secchioni, ci teniamo impegnati sorseggiando del Chianti niente male.
Siamo prontissimi per lo speech del Presidente del Comitato giapponese, Toshiaki Nanba, che ha esordito decantando le caratteristiche uniche di queste bestie nere e cornute, fatte di meraviglia nipponica ma soprattuto di grasso. E se vi dicessimo che l’impronta digitale dei manzi Wagyu è il naso?
Sapevatelo, su BBQ4All.it.
I bovini giapponesi vengono allevati con cura dalla nascita fino alla vendita come se fossero membri del parentado. Si mormora che il segreto della bontà della carne bovina giapponese risieda nell’amore e nella cura maniacale degli allevatori. Non nella birra o nei massaggi, come erroneamente credono i più.
Nei primi 7-10 mesi di vita, i vitelli vengono allevati da personale specializzato, quindi venduti al mercato e cresciuti da altri allevatori fino al raggiungimento dei 700kg di peso. Sebbene gli animali vengano svezzati poco dopo la nascita e la loro dieta consista di latte artificiale, l’allevatore si prende la briga di allattarli uno per uno, coprendoli con una copertina speciale quando fa freddo. Quanta tenerezza.
La dieta dei bovini giapponesi consiste di erba da pascolo, fieno di riso e mangime concentrato. Il fieno di riso insilato nella sua interezza (con una tecnica conosciuta come WCS – whole crop silage) contribuisce al caratteristico colore bianco del grasso e al peculiare aspetto fortemente marmorizzato.
I tori e le mucche incinte, per dirne un’altra, vengono lasciati pascolare liberi, contribuendo alla nascita di vitelli sani.
La bontà parapsicologica di questa carne si esprime in tre modi: consistenza, gusto e aroma. In questo caso si può parlare di “Aroma unico del Wagyu”, questa carne non assomiglia a niente in circolazione. Ricorda, dicono i giapponesi, sapori dolci come di pesca e noce di cocco. Una volta in bocca, se masticato adeguatamente, sprigiona quelli che vengono chiamati “aroma retronasale (retrogusto)” e “aroma da masticazione”.
Ad un certo punto ci viene detto di tappare il naso, assaggiare la carne e respirare solo dopo qualche secondo. Pare che il Wagyu si degusti così.
L’aroma del manzo nipponico si sprigiona in tutta la sua estatica energia ad 80°C (176°F), dice lo Chef Kazuo Eguchi. Questa è anche la temperatura del Sukiyaki, la prima portata prevista per la giornata. Arriva la ciotolina, dentro c’è della carne (filetto) tagliata sottile e cotta con sale, salsa di soia e zucchero. Tutto immerso in un brodino corroborante di funghi shiitake, porri, cavolo e carote. Buttiamo giù senza pensare ai prodigi dell’ acido oleico, abbiamo fame. E niente, la carne è così tenera e laida che si fonde sulla lingua.
Tornando alla didattica, i capi vengono registrati in un database tenendo conto di parametri quali la data di nascita, il sesso, il numero di registrazione della madre, la tipologia ed il luogo di allevamento. È possibile effettuare una ricerca utilizzando tutti i campi di cui sopra, semplicemente cliccando su questo link: http://jlec-pr.jp/it
L’Associazione per la Promozione dell’Esportazione di Prodotti Animali Nostrani giapponesi (prendere il respiro) ha come scopo la registrazione e l’affinamento delle tecniche di allevamento, lo studio e e la distribuzione stabile di carni di qualità. Nel 2007 è stato creato il logo unico Wagyu, che vedete qui sotto.
Mi fermo con lo spiegozzo, è arrivata la lombata marinata nella salsa tare.
Abbiamo visto la dea Amaterasu e tutto il patheon shintoista. Come la famosa caramella, è Il grasso con la carne intorno. E il fatto che si sciolga in bocca non è una supercazzola, questo grasso ha una temperatura di fusione bassissima, di circa 20° C.
Il segreto di questa carne fuori dalla grazia divina è tutto nel sashi, il benedetto grasso infiltrato. E pensare che i bovini di razza Wagyu fino al XIV secolo venivano allevati come bestie da traino. Sono animali possenti, il bovino da ingrasso può arrivare agli 800 kg di peso in 600 giorni circa. Quello che mangiano viene coltivato dagli allevatori stessi, pascolano su distese verdeggianti e anche quelli allevati in stalla dispongono di uno spazio vitale più che dignitoso, per scongiurare lo stress psicofisico.
La degustazione, durata troppo poco, termina con un assaggio frugale di tataki di Wagyu, servito con salsa di soia e uno spuntoncino di wasabi. Zabuton, questo era il taglio, cauterizzato sui quattro lati e lasciato crudo all’interno, come nello stile classico giapponese.
Volete sapere come si fa?
Wagyu Tataki
da una ricetta di Kazuo Eguchi
350 g scamone di Wagyu
4 pizzichi di sale
2 cucchiai di olio d’oliva
Per la salsa
1/2 cucchiaino di wasabi o rafano grattugiato
2 cucchiai di maionese
1 cucchiaino di salsa di soia
1 cucchiaino di succo di limone
1 cucchiaio di Sake
Procedimento
1. Portate la carne a temperatura ambiente, tirandola fuori dal frigorifero 30 minuti prima della cottura. Condite lo scamone con due pizzichi di sale per lato.
2. Scaldate l’olio in una padella o su una piastra e cauterizzate la carne per pochi secondi, fin quando non si sia formata la crosticina brunita. Togliete dal fuoco e immergete per un minuto in acqua e ghiaccio.
3. Asciugate la carne con della carta da cucina e tagliatela in fette sottili, spesse circa 3 mm.
4. Preparate la salsa di accompagnamento. Mescolate la maionese con il wasabi, la salsa di soia, il succo di limone ed il Sake, utilizzando una frusta. Servite il tataki con la salsa al wasabi.
[ Crediti | Link: Comitato giapponese per l’esportazione di prodotti d’allevamento , BBQ4All | Immagini: Rossella Neiadin]
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