Lo scopo di ogni griller è condividere piacere della vita da bbq cucinando alimenti eccezionali. In queste righe vi aiuterò a delineare delle linee guida sulla conservazione dei vostri preziosi alimenti, poiché è difficile finire 6kg di brisket in una serata o 5kg di pulled pork, così come teglie su teglie di pomodorini arrostiti (#drogarossa) o un intero baltimora pit beef.

Le linee guida da tenere a mente sono le seguenti:

1) temperatura
2) aW
3) pH
4) inibitori

Sebbene i punti 2 e 3 risultino un po’ criptici, ma andiamo con ordine.

1) Temperatura

La temperatura è la nostra principale arma di sanificazione. A differenza dei colleghi delle CBT (cotture sottovuoto a bassa temperatura) noi superiamo sempre i 100° in camera di cottura, che ci porta immediatamente in regime di intensa sanificazione superficiale, dove si annida la stragrande maggioranza dei batteri e muffe che potrebbero guastare gli alimenti.

Temperature che portano il cuore degli alimenti vicino ai 90°, come brisket e pulled, determinano la creazione di alimenti in prima battuta praticamente sterilizzati, facilitando di molto la conservazione. Un brisket cotto, avvolto in alluminio e conservato in frigo dura benissimo anche 2 settimane. Mentre rimaniamo più vulnerabili su cotture al sangue come baltimora o tri tip.

Più è alta la temperatura interna a fine cottura, più l’alimento è sanificato e potrà avere, tendenzialmente, durate maggiori.

1b) Temperatura di conservazione

Considerando che non effettuiamo salumificazioni (in questo contesto) il consiglio è sempre quello di lasciar raffreddare l’alimento e poi conservarlo ben avvolto da alluminio in frigorifero a 4°. Verificate con le vostre sonde da BBQ che temperatura REALE ha il vostro frigo. Portare la temperatura a 2-3°, nonostante il consumo di elettricità, tende ad allungare la vita dei cibi di 1-2 giorni, con benefici spesso maggiori che il costo della corrente stessa, se pensate ad un pescato.

Vista la carica residua batterica molto bassa a fine cottura, non è necessario per noi abbattere e congelare gli alimenti.

2) aW ossia acqua libera e disponibile

I batteri hanno necessità di acqua libera per poter proliferare, e tutti quei processi che sottraggono acqua libera sono eccezionalmente utili. Pensiamo alla salatura, alle conservazioni in salamoia.

I nostri bark a base di sale e zucchero sottraggono tutta (o quasi) l’acqua libera, e quindi creano una patina croccante e inospitale per i batteri.
Quando abbiamo il residuo denso, zuccherino e sapido della #drogarossa, in realtà abbiamo molta meno acqua libera di quella che realmente sgorga dai pomodori, poiché zucchero e sale vanno a legarne gran parte.

In generale considerate gli alimenti umidi come più vulnerabili di altri con grandi bark, con salature e rubbing intensi.
Pensando al liquido di un pulled, gran parte di quell’acqua risulta indisponibile.

La prima combinazione di aW e temperatura, dunque, inizia a creare barriere eccezionali per la conservazione degli alimenti. Se pensiamo per esempio al nostro classico brisket, questo spiega perché è meglio conservalo INTERO e non affettato. Tagliate solo quello che consumerete (con massimo godimento) ma il resto lasciatelo intero, questa buona abitudine preserva gli umori interni.

3) il pH

La carne ,generalmente, ha un pH moderatamente acido che non la protegge dalla proliferazione batterica. Cosa che invece ci giunge in gran supporto quando andiamo a confezionare alimenti con spiccate acidità come pomodori, o quando andiamo ad usare grandi quantità di acidificanti come limone o aceto.
In questo caso, creando ambienti a pH circa 4, si ha un ulteriore enorme blocco allo sviluppo batterico e la durata degli alimenti sale notevolmente. Nello specifico i pomodorini arrostiti, grazie all’uso di aceto e salse acidulate, hanno una durata di parecchi giorni in frigo.

4) Gli inibitori  

Sono quelle sostanze che diminuiscono l’attività batterica presenti naturalmente nel fumo, e che vanno a contribuire tanto all’aroma quanto alla durata degli alimenti.

Dati questi presupposti andiamo a analizzare i temi caldi del momento.

Frollatura in umido o wet aging:

La frollatura non è facilmente realizzabile né consigliabile in ambito casalingo .

La frollatura in umidità elevata, intorno all’80%, serve per andare a diminuire il processo di asciugatura che la frollatura a secco va a produrre, con la conseguente perdita di peso.
In questo caso, sebbene le temperature siano prossime allo 0 C, in entrambi i casi consiglierei la frollatura a secco, per un maggiore concentrazione di sapore nonostante il calo di peso che la frollatura in umido va a limitare, esponendoci però ad un rischio microbico maggiore.

Reverse searing

Durante la fase di riscaldamento a temperatura moderata del reverse searing, ci andiamo a esporre ad una fase necessariamente propedeutica e consequenziale alla cottura. Lo sviluppo microbico della carne fra i 20 e i 38 gradi è accelerato, ed è necessario che questa fase non duri più del dovuto e sia seguita da una cottura ad alta temperatura.

Se partiamo da un prodotto salubre, in 4-5 ore si avrà tutto il tempo per portare il cuore del taglio a temperatura di grilling. Tuttavia non è comunque consigliabile né refrigerare il pezzo (se non si riesce per qualunque ragione a cucinarlo) né andare oltre le 5 ore di cottura a bassa temperatura.
Il biofilm che si crea è superficiale e sarà ben sanificato dalla cottura, ma è comunque una procedura di livello avanzato che necessita un minimo di attenzione.

Affumicatura a freddo

L’affumicatura a freddo fa parte di fatto della famiglia delle salumificazioni e di quei processi di conservazione del cibo complessi e a più fattori.

Parlando del classico salmone, l’affumicatura è in realtà sinergica con un processo di riduzione della aW, ottenuto con marinature successive e asciugature controllate e legate all’affumicatura, ma non indipendenti.
Per quanto ci concerne, consideriamo la presenza del fumo un plus nella conservazione e non una panacea.

Abbattimento di pesce o carne

La risposta prevede purtroppo l’uso di un abbattitore che porti in pochi minuti l’alimento a -18c al cuore.

Nessun freezer casalingo ci riesce e gli abbattitori sono quasi tutti professionali. La creazione di micro cristalli crea una surgelazione ottimale dei cibi che non romperanno la membrana cellulare, a differenza della congelazione casalinga che porta alla rottura di moltissime cellule e rilascio di citoplasma .

Carne in marinatura

La marinatura serve per alterare l’equilibrio osmotico di un alimento e scambiare sostanze con esse. Possono essere sali, molecole idrofile o lipofile, come moltissimi aromi e profumi.

Essendo che si pone in eccesso di acqua, il nostro alimento perde L’aW come fattore di difesa, ed è necessario alzare le barriere della temperatura e mantenerlo ben refrigerato. Alcune marinature sono acide e possono alterare il colore dei cibi.

Ultima chicca: marinare o fare injection con succo fresco non pastorizzato di ananas ha sulle carni tenaci e forti (come pecora o montone) una fortissima azione proteolitica che può rendere tenerissimo anche il cammello, con l’accortezza di non dimenticarlo a bagno per troppe ore, poiché gli enzimi disgregherebbero la carne trasformandola in poltiglia.

In due parole per stare sereni:

Marinatura = frigorifero.

Dott. Riccardo Tecchio
Tecnologo alimentare – microbiologo